Intervista di Gothic
Traduzione di Karmilla


RAMMSTEIN. PATRIOTI. Di Sven Siemen 

In coscienza i Rammstein devono essere definiti oggi come la band tedesca di maggior successo al mondo. Tournée costantemente all’insegna del tutto esaurito, comunità di fans in crescita a livello planetario e solo un anno dopo “Reise Reise”, LP di grande successo, ecco già il nuovo lavoro “Rosenrot” ai blocchi di partenza. Gothic ha parlato con Paul Landers del nuovo album, del piacere della provocazione e di un sano senso di appartenenza… 

I Rammstein si contraddistinguono per il loro essere un collettivo: nessuno resta sullo sfondo, nessuno è in primo piano. Da che cosa dipende?

Esistono molti modi di fare musica. Ci sono bands con un unico capo, come per esempio i Nine Inch Nails. Talvolta i capi sono due, come nei Beatles, con il terzo che si lamenta sempre perché non gli è permesso partecipare. Ci sono poi i trio, e tutte le altre analoghe forme di dittatura e democrazia. Da noi le cose funzionano così, e cioè: siamo tutti e sei come organi di vigilanza, e chi grida più forte, e meglio sostiene il proprio punto di vista, ha vinto. E’ stato così fin dall’inizio. Quando siamo presenti tutti e sei, siamo sempre al meglio. Uso volentieri questa metafora: hai sei provette, che vuoti a poco a poco in un contenitore. Quando versi l’ultimo fluido, comincia a illuminarsi. E poco importa che la reazione sia stata indotta da una sola goccia o da mezza provetta…Non è il singolo componente ad essere importante, in primo piano c’è l’insieme. 

Dove individuare i segni più evidenti di un progresso, all’ascolto di “Rosenrot”?

Possiamo girare e rigirare la questione finché vogliamo, ma alla fine la verità è che, semplicemente, non ce ne sono. La maggior parte delle canzoni è nata nello stesso periodo di “Reise Reise”, l’album precedente. Sarebbe da considerare un doppio album pubblicato in tempi diversi.   

E come mai il disco è uscito soltanto un anno più tardi?

Posso citarti più di una ragione. Innanzitutto, alcune canzoni all’epoca non erano ancora perfettamente compiute. La seconda ragione è che così facendo abbiamo pubblicato il nostro quinto lavoro, affrancandoci dalla casa discografica.  Questo fatto era per noi molto importante, perché ora possiamo finalmente tirare il fiato e trattare tutto in maniera completamente nuova. Nuovo giro, nuova fortuna… 

Per questa ragione è passato così poco tempo tra la data di pubblicazione di “Reise Reise” e quella di “Rosenrot”?

Esattamente. Otto pezzi erano stati registrati all’epoca di “Reise Reise”. Da un punto di vista musicale non ci sono stati passi avanti o sviluppi. Semplicemente abbiamo trovato più coraggio per provare. Quando hai successo, pensi di dover provare di più. Per esempio, con la canzone “Los” abbiamo constatato per la prima volta che funzionava anche senza le chitarre distorte. E siamo stati molto contenti, quando ci siamo accorti che le cose potevano andare bene anche così. 

“Rosenrot” è un titolo estremamente poetico. Che cosa vi ha spinto a sceglierlo?

“Rosenrot” era già in predicato come titolo ai tempi di “Reise Reise”. Prima “Rosenrot”, poi “Rot”; ad un certo  momento è comparso questo “Reise Reise”, anche se a me non é mai andato a genio, non so dirti perché. All’inizio volevamo intitolare questo nuovo lavoro “Reise Reise vol. 2”. Poi abbiamo riascoltato tutti i pezzi e alla fine ci siamo decisi per “Rosenrot”. Il titolo fa presa e si adatta molto bene alla tematica. Permette certe associazioni di idee ed è in sintonia con il carattere della musica, che è sempre estremamente poetica. 

Su questo nuovo disco il fuoco è ancora una volta un tema centrale nei vostri testi. Il contrasto della copertina è evidente: la nave bloccata dal ghiaccio, i colori freddi e malinconici dello sfondo. C’è tuttavia una sorta di unitarietà?

Sì e no. Una delle idee di fondo era che, dal momento che “Reise Reise” aveva un copertina rossa, il nuovo disco dovesse essere esattamente il contrario. La contrapposizione doveva essere subito chiara. Perché poi abbiamo messo in copertina proprio un rompighiaccio, non te lo saprei dire. Semplicemente ci sembrava una bella foto. 

Allora la mia interpretazione non era poi molto lontana…

Quale sarebbe stata?.. 

Dal  momento che l’album è in parte una riflessione sulla poesia tedesca, nel vedere questa nave dal nome “Rosenrot” ho subito pensato ad un tentativo da parte vostra di dire che, in questo momento, anche la poesia tedesca è un po’ intrappolata tra i ghiacci.

Non direi, ma l’idea non è male. E’ per questo che ci copriamo volentieri dietro a dichiarazioni di questo tipo: i giornalisti pretendono sempre da noi la spiegazione dei testi, ma quello che noi diciamo risulta sempre molto più noioso di quello che invece si immagina la gente... 

Parliamo specificamente di alcuni pezzi. Il vostro primo singolo è “Benzin”. Come mai avete scelto proprio questa canzone?

Cerchiamo sempre volentieri di proporre come primo singolo un pezzo “duro”. Forse non ci passeranno mai in radio, comunque “Benzin” riflette bene il nuovo disco. Troviamo che sia una canzone fresca e “dura”, così abbiamo deciso di scegliere questa. 

Purtroppo devo dire che a me è parso un pezzo piuttosto piatto dal punto di vista emotivo, insomma, la scintilla non si è accesa…

Sono mancati un pochino i tempi di maturazione per il testo. La canzone è nata nel giro di pochi secondi, cosa che peraltro le conferisce freschezza. E’ sicuramente diversa da molti altri pezzi dell’album, è relativamente chiara, non così pregna e dalle molteplici possibilità di interpretazione, come invece molti degli altri brani. 

Un’altra delle vostre canzoni fa propria la tematica dell’omosessualità. “Mann gegen Mann” è molto provocatoria e farà sicuramente furore, o no?

In fin dei conti l’omosessualità è una forma di sessualità, argomento di cui ci occupiamo sempre volentieri. Quindi era solo questione di tempo prima che toccassimo anche questo tema. Del resto avevamo già scritto diversi pezzi sull’omosessualità, ma non erano ancora così maturi da un punto di vista musicale. Sicuramente ci sarà chi fraintenderà, ma non è un problema nostro. 

Il titolo “Rosenrot” suona come un omaggio ad artisti tedeschi del passato. Sei d’accordo con questa affermazione?

Se vuoi vederla così, sì! Mi guardo bene dall’aggiungere grandi spiegazioni… La gente è convinta che possediamo una fantasia straordinaria. Cerchiamo spesso anche con i video di creare una specie di terza dimensione... Prendi per esempio la canzone “Ohne dich”. Ad ascoltarla, si presume che parli di una relazione uomo-donna, mentre nel video, invece, protagonista è l’amicizia virile. Ecco, trovo che sia estremamente positivo riuscire ad arricchire una canzone di un ulteriore punto di osservazione senza depauperarne la forza, un guadagno di 100 punti. 

E come la mettiamo se qualcuno non arriva a pensare così lontano? Ci pensate voi con i vostri testi a spingere la gente nella giusta direzione?

E’ difficile dirlo. Provochiamo volentieri,  e chi si eccita a causa nostra è parte integrante del divertimento. Giochiamo volentieri con pubblico e critica. 

E non è questo parte del successo dei Rammstein?

Certamente. Secondo me compito di un artista è smuovere la società. L’arte deve cambiare le cose, essere controversa e aggressiva, altrimenti si è fallito lo scopo. Non dipingiamo nature morte di margheritine perché per noi non è sufficientemente interessante… 

Un pezzo molto bello è “Spring”. Questa canzone critica palesemente l’interesse morboso di molte persone per situazioni estreme e sensazionali. Avete sperimentato qualcosa del genere nel quotidiano?

Certo, altrimenti non avremmo scritto questa canzone. Effettivamente ho già incontrato qualcuno che ha vissuto un’esperienza simile. Se soltanto lo si ammettesse…l’essere umano si compiace nel vedere scorrere il sangue e assistere a sparatorie. Guardate le notizie, dove si sguazza nelle miserie altrui. E’ qualcosa che si è disposti ad ascoltare ma non ad ammettere. In ognuno di noi covano aggressività e concupiscenza. Attraverso i media queste pulsioni vengono forse in qualche modo in parte appagate, ma se non ci fossero cose come la televisione,  arriveremmo di nuovo ai roghi delle streghe o ai giochi con i gladiatori. L’uomo ha bisogno di cose di questo genere. 

E quando senti che qualche giovane è stato colto da furia omicida e i media cominciano a dire che ascoltava bands come Rammstein o Slipknot, qual è la tua reazione di fronte a questi luoghi comuni?

A certe cose non rispondo. E’ divertente che al giorno d’oggi ci siano persone che la pensano veramente così. Preferisco sempre dire: “Passiamo alla prossima domanda, prego”. Quando mi sento porre quel quesito, mi è chiaro all’improvviso perché spesso non veniamo capiti. 

Insomma, dato che gioco volentieri sul pc con uno sparatutto in 3D, sono anch’io un potenziale omicida?

Per farla breve…esistono paesi dove non ci sono giochi per computer…allora là dovrebbe andare tutto bene, no? Ho letto recentemente il libro scritto da una donna cresciuta in un villaggio indigeno in una foresta vergine. Questi indigeni seguivano rituali di guerra veramente estremi. Quindi non è vero che gli indigeni vivono felici, con fiorellini nei capelli, in un mondo perfetto…Ci sono conflitti dei più cruenti. Sono convinto che la spietatezza sia insita nella natura umana. Ritengo che ognuno di noi se ne porti un po’ dentro, chi più, chi meno. Ed è qualcosa che si esprime anche al pc giocando con la sparatutto in 3D e ammazzando la gente. Comunque è meglio così, piuttosto che tenersi tutto dentro, questo ritengo sia molto più pericoloso. Prendi gli hooligans del mondo del calcio, che si scontrano con altri hooligans per prendersi a pugni. Hanno però delle regole, all’interno di questa loro realtà, e quando hanno voglia di menare le mani, bisogna lasciarli fare. In passato c’erano cavalieri, che per noia, devastavano gli stati confinanti. Insomma, queste cose sono sempre esistite. Poi, ad un certo momento, però, ci si trova un lavoro, si mette su famiglia e si dice: “Ah, ero veramente cattivo!”. Oppure si diventa musicisti (ride). 

Sul nuovo album, con il brano “Te quiero puta”, per la prima volta Till canta in spagnolo. Da dove è venuta l’idea?

Ad essere sincero, non so di che cosa canti Till in quel pezzo. Persone di madrelingua spagnola mi hanno sempre detto che non sarà di sicuro passato in radio. Quindi abbiamo ottenuto il nostro scopo. Noi siamo stati attenti che il cantato di Till si armonizzasse bene a livello musicale. C’erano ben sette testi in tedesco per questo pezzo, ma non ce ne piaceva nemmeno uno. Così a Till è venuto in mente di scriverne uno in spagnolo. E ha funzionato, forse anche perché nessuno di noi era in grado di tradurlo… 

La canzone “Stirb nicht vor mir” è una ballata meravigliosa, realizzata insieme alla cantante Sharleen Spiteri dei Texas. Non ce lo saremmo mai aspettato da voi.

Se non ci si aspetta qualcosa da parte nostra, per me è già positivo, da subito. Per questa canzone ci sono state molte discussioni all’interno della band. Sull’album il titolo è in parte in tedesco, in parte in inglese. Ne esistono ancora una versione completamente in tedesco e un’altra tutta in inglese. Forse le pubblicheremo in un singolo. 

L’ultima canzone, “Ein Lied”, è a metà tra la favola della buona notte e un inno autocelebrativo, dedicato a voi stessi e ai fans. E’ esatta questa mia supposizione?

Sì, perché no? Se la vedi così, allora va bene. 

Lasciamo questo nuovo lavoro, parliamo del futuro. Quale potrebbe essere ancora un utopistico progetto di sogno per  i Rammstein?

Ci piacerebbe interpretare la banda dei cattivi in un film di Hollywood. Tipo picchiatori tedeschi, qualcosa del genere…[E’ uno stereotipo, dato che da quelle parti il tedesco è supercattivo N.d.T.]. Quando ne avete abbastanza…ecco che arriva qualcosa di tedesco (ride)… 

A pensare che i Rammstein sono oggi la band tedesca di maggior successo al mondo, che cosa dovrebbe succedere ancora per vedervi apparire al Grand Prix de Eurovision in rappresentanza della Germania?

Mah, difficile a dirsi. Dovremmo prima suonare da Thomas Gottschalk, cosa che non faremo. E’ sempre così complicato, quando sei famoso, capire i tuoi limiti. Certo, ci sono queste casting bands che partecipano a tutto, ma noi non ne abbiamo bisogno. La televisione è il nostro limite. Ci abbiamo provato due volte, ed è stato così penoso che abbiamo deciso che non l’avremmo più fatto. E dentro ci metto pure i talkshows. Non amiamo apparire in televisione e le manifestazioni tipo gli MTV Awards sono un’eccezione. 

Con l’ultima domanda torno  a essere un po’ critico: per lungo tempo la Germania è stata la terra dei poeti e dei pensatori. Che cosa pensi oggi di questo Paese?

Oh, buona domanda. La Germania non si è ancora ritrovata, risente tuttora negativamente degli effetti della guerra, perché a lungo, dopo la fine del conflitto, tutto quello che veniva dalla Germania è stato considerato come fatto male. Piano piano credo sia arrivato ora il momento di riflettere su che cosa voglia dire “Germania” e su quale sia la propria collocazione in questo Paese. Bisogna spingere la gente a riflettere su che cosa può fare per sentirsi a proprio agio nella sua terra. A questo riguardo credo che i Rammstein siano un buon esempio di come la Germania possa essere resa nuovamente, come dire, attraente. Quando sono all’estero sento sempre citare, a proposito del mio paese, Mercedes, BMW e Rammstein. 

Direi che è un onore.

Sì, assolutamente. Ma ognuno può cominciare da se stesso, anche se suona un po’ demodé... Trovo positivo che finalmente si vada di nuovo alla ricerca di questo sano senso di appartenenza. Prima il patriottismo era una qualcosa da gente di sinistra che ha spremuto orgoglio dal proprio Paese, un qualcosa che purtroppo si è perso. La nostra battaglia oggi va un pochino in questa direzione, quella cioè di ridare alla sinistra questo senso del patriottismo, perché non deve essere appannaggio delle mani sbagliate.