Intervista di HardnHeavy
Traduzione di Jadax

RAMMSTEIN – LA FINE DEL VIAGGIO 

La loro tournèe mondiale è appena terminata, e i tedeschi Rammstein ci consegnano già il loro nuovo “carico” (nel senso di cargo di nave, nota della traduttrice!): Rosenrot, composto dai titoli non utilizzati per “Reise, Reise”, assieme a quelli di nuove canzoni. Conoscendo il loro amore per la Francia, è stato senza sorpresa che abbiamo ritrovato Till e il suo gruppo a Parigi, sulle sponde della Senna, dove hanno stabilito il loro “Kommandantur”. 

Lunedì 5 settembre 2005 rimarrà, nei nostri ricordi! E’ questo il giorno in cui i tedeschi Rammstein hanno scelto di sbarcare a Parigi a bordo della loro nave da guerra. Per 3 giorni il gruppo ha riunito la stampa europea nella nostra capitale, per farci ascoltare 9 degli 11 titoli di Rosenrot, la loro ultima fatica, prevista per il prossimo 24 ottobre.

Tutto è iniziato alle 9:30, quando un autobus a due piani londinese coi colori dei Rammstein ci ha aperto le porte: “Siete pregati di firmare questo disclaimer in duplice copia, in cui garantite che non metterete la registrazione dell’intervista su internet e non ne farete CD da vendere.”

Da paranoia. Intanto i lettori CD portatili che ci erano stati confiscati vengono sigillati. Poco importa, sulle note di “Benzin” il bus conduce i suoi giornalisti – tutti con le cuffie nelle orecchie – da un monumento all’altro (omettendo tragicamente la Torre Eiffel!) per mostrare agli Europei il fascino della nostra capitale. Che piacere ascoltare “Zerstören” risalendo gli Champs Elysèes! Dopo più di un’ora e mezza di turismo è tempo di mettere piede a terra al Quartier Generale della “campagna” (nel senso di “campagna pubblicitaria”, “rassegna stampa” NdT) dei Rammstein, il Batofar, una nave caffè-concerto attraccata ai piedi delle scalinate della TGB, la biblioteca François Mitterand.

È su questo pontile che ascoltiamo di nuovo i 9 titoli. Un’ora più tardi ci troviamo faccia a faccia con Till Lindemann e il suo interprete, e poco dopo con Christoph Schneider, ugualmente accompagnato da una traduttrice. Malgrado un timing molto ristretto, gestito “alla tedesca”, siamo riusciti a far parlare i due musicisti. 

TILL LINDEMANN

Perché avete scelto la Francia come luogo del vostro incontro coi giornalisti europei?

Ne abbiamo abbastanza di fare il giro del mondo! (ride). Usciamo da una tournèe e non abbiamo voglia di andare ad incontrare i giornalisti a Londra, Amsterdam o Madrid.

Parigi è situata al centro dell’Europa e chi non amerebbe venire a passare un po’ di tempo in questa bella città?  

Consideri Rosenrot come il seguito di Reise Reise o è un album totalmente indipendente?

E’ una questione un po’ difficile. Direi piuttosto che è questione di cicli. Vedo Rosenrot come il fratello di Reise Reise o come un altro ramo dello stesso albero. Ma questi due dischi sono completamente indipendenti. Esistono ciascuno per conto proprio. Il lasso di tempo che è trascorso fra Reise Reise e Rosenrot è molto corto.

Abbiamo pescato parecchi pezzi, idee e ritmi, o suoni da Reise Reise per fare quest’ultimo.

I due album vengono per così dire dallo stesso stampo. Spartiscono entrambi gli stessi sentimenti, le stesse impressioni. 

I testi delle canzoni come “Mein Teil” o “Amerika” sono molto diretti. Questa volta si ha l’impressione che siano più poetici e meno provocanti….

E’ vero che la poesia è più latente su Rosenrot che sui nostri precedenti album, ma noi sviluppiamo sempre temi molto diversi. Per esempio in “Mann gegen mann” trattiamo l’omosessualità e in “Zerstoren” della pulsione infantile della distruzione. 

Come riesce a scrivere dei testi così intimi sui tormenti interiori di una persona che scopre la sua omosessualità?

E’ successo dopo un’uscita con degli amici omosessuali. Eravamo a Berlino e ho fatto visitare loro il mio quartiere. E’ un posto dove agli omosessuali piace incontrarsi: ci son bar, club etc. In uno di questi bar, mi sono stupito di vedere a che punto il loro modo di comunicare fosse semplice. Si riconoscono soprattutto attraverso gli sguardi. Invece tra uomo e donna c’è tutto un rituale di “adescamento” e seduzione. Questa differenza mi ha ispirato il testo di “Mann gegen Mann”.

Il verso “il destino mi ha fatto un regalo” spiega questa semplicità, questo modo, senza preoccupazioni, di incontrarsi…

Parlo anche del fatto che non si possono avere figli quando si è gay.

E’ molto bello averne, ma è anche una fonte di problemi che gli omosessuali non conoscono.

Hanno una vita molto più semplice di quello che non sembra. 

L’idea di registrare “Te quiero puta” vi è venuta mentre registravate Reise Reise in Spagna?

Sì e no…Amo molto la lingua spagnola e la trovo molto vicina al tedesco, specialmente per quanto concerne il modo comune che abbiamo di “rollare” la erre.

Abbiamo anche in comune una maniera di scandire la nostra lingua in modo simile.

Per avere un ritornello forte bisogna avere parole forti.

“Te quiero puta” era nei nostri cassetti da molto tempo, ma non avevamo mai un vero ritornello.

Quando ho trovato questa frase “te quiero puta” l’ho proposta agli altri membri del gruppo come faccio abitualmente con i testi dei Rammstein ed è piaciuta a tutti. Poi mi è stato facile scrivere il resto delle parole! Reise Reise è stato il numero uno nelle classifiche in Messico e ci è venuta voglia di fare un omaggio a questo paese. Grazie a ciò è nata “Te quiero puta”. E’ un po’ lo stesso cammino che con “Moskau”, che si trova su Reise Reise. 

Preferisci i Rammstein pieni di humor di “Te quiero puta” e “Benzin” o quelli più nostalgici e poetici di “Wo bist du” e “Ein leid”?

Dipende… Faccio molta distinzione tra i concerti e le registrazioni. Dal vivo, preferisco i pezzi rapidi. Che si rivolgono più direttamente al pubblico. Amo vedere la gente reagire davanti a me, ho bisogno di questo feedback per dare il meglio di me. Preferisco vedere i fans saltare dappertutto piuttosto che accendere i loro accendini! (Ride). Tuttavia, quando registriamo un album, preferisco i titoli più calmi, che permettono più riflessione, con dei testi più romantici. 

State per fare uscire un DVD che è stato girato all’Arena di Nimes. Cosa pensi di quel concerto e della tua “performance”?

(Ride)  Tutti i nostri shows si svolgono fondamentalmente nella stessa maniera. Le sole differenze sono dovute al nostro umore del momento: se siamo malati o no, se ci sentiamo bene, se abbiamo bevuto un po’ più di Porto che d’abitudine…. In quest’ultimo caso ce lo si perdona più facilmente se sbagliamo qualcosa! Ciò che non mi scorderò mai di Nimes è l’ambientazione, il luogo ed il suono. Tutte queste condizioni si sono riunite per fare un concerto eccellente. Certamente anche quello a Bercy l’inverno scorso ha rappresentato un momento unico. Il pubblico francese è veramente straordinario. Si è rivelato altrettanto impulsivo che quello spagnolo o messicano. Sono molto impressionato dal suo temperamento.  

A Bercy, il febbraio scorso, cosa hai pensato della vostra interpretazione di “Mein Hertz Brennt” e “Ohne dich” in collaborazione con gli Apocalyptica?

Ho adorato il risultato di questa esperienza! All’inizio ho pensato che poteva essere pericoloso suonare con gli Apocalyptica perché una musica unicamente strumentale, senza canto, può rapidamente stancare e diventare noiosa. Perché quando ascolto un disco di questo gruppo dopo 4 o 5 pezzi trovo che stanchi l’orecchio. Ma per tornare alla tua domanda, non mi pento veramente di avere tentato l’esperienza, è stata indimenticabile. 

Voi suonate ogni volta nuovi titoli e resta sempre meno spazio per i “classici”. Hai l’impressione di averli suonati troppo?

Ogni essere umano si evolve. E’ come con i vestiti: non si può portare sempre gli stessi abiti. Noi non vogliamo “ristagnare”, dare un fermo alla nostra evoluzione. Ogni tanto aggiungiamo dei titoli più vecchi alla fine dei nostri set, durante i bis. Non possiamo fare come i Red Hot Chili Peppers e suonare gli stessi pezzi per vent’anni. Scegliamo i migliori titoli di ciascun album e diamo ugualmente preferenza a quelli che sono accompagnati da effetti scenici, da una messa in scena. Sono una decina d’anni che facciamo concerti, e ci sforziamo di offrire un nuovo spettacolo ad ogni tournèe.  

Avete già pensato a dei nuovi effetti pirotecnici per la prossima tournèe?

La tournèe di Reise Reise è appena terminata per noi, anche se alcuni possono avere l’impressione che sia un’eternità che non suoniamo nel loro paese. Attualmente stiamo vivendo nell’eco di questa tournèe. La prossima non partirà certamente prima della metà del 2006, anzi forse all’inizio del 2007. Non è quindi una priorità per noi al momento. Rifletteremo su queste considerazioni sceniche una volta che avremo determinato la lista delle canzoni che vogliamo suonare. 

 

CHRISTOPH SCHNEIDER 

Puoi raccontarci la genesi di Rosenrot?

Certi titoli sono nati dalle sessioni di composizione di Reise Reise, ai quali abbiamo aggiunto 5 pezzi totalmente nuovi. Rosenrot è la seconda parte di Reise Reise. E’ anche per questa ragione che non ne stiamo facendo una grande promozione.  

L’anno scorso c’era la questione che Rosenrot, allora ancora progettato come Reise Weiter, contenesse delle cover. Perché questa idea è stata abbandonata?

Abbiamo fatto qualche prova. Innanzitutto abbiamo avuto dei problemi nel metterci d’accordo sulla scelta dei titoli da coverizzare. Poi ci siamo accorti che le nostre canzoni non erano tanto buone. Allora abbiamo deciso di lasciare perdere e metterci a scrivere dei nuovi pezzi, visto che avevamo tutti delle idee interessanti da proporre. 

Vi è stato facile comporre in armonia con le canzoni più vecchie concepite all’epoca di Reise Reise?

Certamente non ci siamo fatti molti problemi, i pezzi sono venuti da soli ed è venuto fuori che erano completamente nello spirito che cercavamo di ottenere.  

Avete di nuovo lavorato con un’orchestra e dei cori?

No, non stavolta. Non ne abbiamo avuto bisogno, e anche in caso contrario, sarebbe stato molto difficile per noi metterlo in opera perché eravamo limitati nei tempi. La sola collaborazione esterna è dovuta ai Mariachi che suonano la tromba in “Te quiero puta”. Ma non penso si possano assimilare ad un’orchestra! (Ride) 

Avete nuovamente lavorato con Stephan Glaumann e Jacob Hellner. Queste due persone incarnano il suono dei Rammstein?

Certamente. Noi non siamo come i gruppi americani che cambiano produttore ogni volta che registrano un nuovo disco. Abbiamo tessuto dei legami molto forti con Stephan  e Jacob e loro fanno parte della famiglia Rammstein. Il nostro successo è in parte dovuto al loro lavoro, noi non abbiamo dunque alcuna ragione di lavorare con altre persone. Inoltre è più semplice e più rapido lavorare con gente che si conosce. In passato dovevamo riunirci per settimane in studio per discutere di ciò che volevamo dal punto di vista sonoro. Ormai tutti sono sulla stessa lunghezza d’onda e hanno compreso qual è il suono Rammstein. E nessuno all’interno del gruppo vuole riprendere tutte queste discussioni con un eventuale nuovo produttore! Oggi ci è sufficiente fare ascoltare loro un mp3 delle nostre bozze e loro sanno già dove intendiamo arrivare. In questo modo lavoriamo molto semplicemente, e non abbiamo alcun interesse a complicarci la vita! 

Avete registrato dei titoli supplementari per eventuali singoli?

No. Continueremo a proporre dei remix registrati da persone che noi apprezziamo. Abbiamo immagazzinato parecchie idee da noi a Berlino, sui nostri hard disks, ma non avevamo tempo di registrare qualcos’altro che non fossero gli undici titoli che figurano su Rosenrot. 

Venite dal vincere un premio come “il gruppo tedesco maggiormente esportato” quest’anno. Questo genere di ricompense significa qualche cosa per voi?

Non eravamo al corrente di questo premio. E’ stato il nostro management che ci ha fatto pervenire per posta ieri che avevamo vinto questo premio a Los Angeles! (Ride) Ciò non significa una grande cosa per me, salvo che è sempre piacevole vedersi ricompensare per un lavoro fatto. Questo mi fa piacere, ma non faccio certo i salti di gioia. 

Ora che i Rammstein sono conosciuti in tutto il mondo, che conoscete un successo fenomenale, è facile andare ancora avanti, cercare nuove mete?

Non penso che il successo sia uno dei motori della nostra motivazione. Noi cerchiamo in primo luogo di divertirci nello scrivere canzoni che ci piacciono. La nostra più grande motivazione resta vedere la gente che si diverte ai nostri concerti. 

Tempo fa sono nate certe tensioni all’interno del gruppo. Sono ormai passate o ci sono sempre conflitti tra voi?

Va tutto bene ora. Siamo riusciti a estirpare il male finché eravamo in tempo. Abbiamo discusso fra noi, abbiamo appianato i problemi e abbiamo fatto in modo di trovare delle soluzioni. Abbiamo trovato molte valvole di sfogo e una di queste ha permesso a Richard di esprimersi attraverso una carriera solista.

Le lunghe tournèe non devono senza dubbio sistemare molto le cose….

E’ vero. E’ la ragione per la quale noi faremo una pausa prima di ritrovarci. 

Come? Subito?

Sì, faremo un po’ di promozione per Rosenrot e poi ci prenderemo un break di sei mesi minimo. 

Non ci saranno dunque delle tournèe per sostenere Rosenrot?

Non sono previste per il momento. 

E quando invece vi ritroverete fra sei mesi o più, sarà per lavorare su un nuovo album?

Senza dubbio ma dovremo innanzitutto verificare che tutto vada bene fra noi, vedere quali sono i desideri di ciascuno, e, penso, cominciare a pensare a un nuovo disco. Da dieci anni che i Rammstein esistono, abbiamo avuto troppe poche occasioni per fare una tregua.

Nello stato attuale delle cose ci è difficile dare un giudizio sul nostro lavoro. Una pausa ci permetterà di essere più obiettivi circa noi stessi. 

Avete annullato una tournèe in Sud America quest’ottobre con la motivazione di una malattia di uno dei vostri. Era una scusa?

No. (Ride) E’ la verità! Il nostro tastierista Flake ha subito qualche tempo fa un’intossicazione e non sapevamo se si sarebbe ristabilito per questa rapida trasferta. Non si può annullare una tournèe all’ultimo momento, bisogna avere un minimo di rispetto per la gente con cui si lavora e per il pubblico.
 

ROSENROT PETALO PER PETALO 

Benzin -  Un pezzo assai vicino a “Mein Teil”, soprattutto nelle strofe, e il ritornello molto semplice mette la salsa sui possenti “Benziiiin, benziiin”. Imperdibile. 

Spring – Dopo un intro cantato arriva un grande riff, pesante e lento. Si pensa immediatamente a “Stein um Stein”. Questo titolo, se suonato dal vivo, può provocare una sommossa! I cori alla fine della traccia sono eccellenti.  

Rosenrot – L’intro ha il basso leggermente distorto, poi la voce continua su una ritmica basso/batteria. E’ un pezzo calmo e romantico. 

Zerstoren – Un intro con una voce femminile arabeggiante ci trascina immediatamente nell’universo del pezzo. “Zerstoren” è una delle canzoni “ripescate”, con gli inimitabili riff alla Rammstein. Dopo un assolo di tastiere il pezzo finisce in una cacofonia di chitarre. 

Mann Gegen Mann – Le strofe sono allegre, con un tempo relativamente sollevato, mentre i ritornelli, con dei grandi cori, procurano un’ambientazione “Cargo de nuit”. C’è da scommettere che questo pezzo andrà forte nei locali gay di Berlino! 

Feuer & Wasser – E’ una falsa ballata, nella quale l’intro cantato parlato sulla chitarra acustica, lascia subito posto a potenti refrain, con più una nota di canto lirico. 

Wo Bist Du? – Un piccolo intro romantico al flauto traverso (o oboe, gli specialisti sono pregati di non scriverci) sbocca in un pezzo “mid-tempo” con un canto molto melodico, nello spirito di “Ohne Dich”. 

Te quiero puta – E’ lo scherzo dell’album, come è stata “Amerika” in Reise Reise. Stavolta l’ambientazione è messicana, con dei Mariachi che si spolmonano nelle loro trombette, dei cavalli che nitriscono, Till che fa rimare “Corazon” con “Limon” e non si scorda di “rollare” le r. Senza contare i cori femminili (alla “Moskau”) che scandiscono “Mas, mas, mas, por favor, mas, mas, mas, si, si senor!”. Un buon delirio da cantare a squarciagola ad una cena di compleanno al Tex Mex dietro l’angolo! 

Ein leid – Senza dubbio il pezzo preferito di Schneider perché questa languida ballata non comporta alcuna batteria. Fa pensare ad “Amour” per la sua parte malinconica spinta all’estremo. Sembra infatti più una ninna nanna per bambini che una canzone d’amore. 

Il seguito? – Gli altri due titoli, ci ha confidato Schneider, sono una ballad e un pezzo pop, in cui le registrazioni della voce non sono ancora totalmente terminate.