Intervista di Legacy
Traduzione di Karmilla

RAMMSTEIN – dove è finito l’amore?

Si intitola “Rosenrot” il nuovo lavoro dei Rammstein in uscita il 28 Ottobre, esattamente quattro giorni dopo la pubblicazione di questo numero di “Legacy”. Un primo posto nelle classifiche non dovrebbe essere alla sua portata, ma è noto a tutti che quanto finora toccato dalla band si è  trasformato in oro: e allora, dove si dirige la motonave Rammstein in questo 2005? Un anno a malapena ci separa dal predecessore “Reise Reise”, e gli interrogativi sono leciti.

Dopo avere avuto la possibilità di ascoltare l’album due volte in mattinata, più tardi i giornalisti della stampa specializzata si sono presentati ciascuno per la propria intervista.

Il sottoscritto ha incontrato a quattr’occhi il bassista Oliver Riedel.

Spero di non disturbare…? ”No, va tutto bene”. Già un anno fa – o perlomeno questo è ciò che credo – ebbi modo di ascoltare questo o quel pezzo, all’epoca poi non pubblicato su “Reise Reise”. Prima di tutto la domanda più impellente: “ Quanto di “Rosenrot” esisteva già al tempo “Reise Reise”? “Per “Reise Reise” avevamo registrato18 canzoni. Sette rimasero inutilizzate, e così ben presto decidemmo di pubblicare un ulteriore album già l’anno seguente. Sette pezzi, però, sono un po’ pochini per un disco! All’epoca il tour era già programmato e pensammo che avremmo potuto scrivere ancora quattro canzoni tra un concerto e l’altro nei momenti di pausa. Alla fine è stato piuttosto difficile. I pezzi nuovi sono “Benzin”, “Mann gegen Mann”, “Spring” e “Te quiero puta”.

Ah, la canzone in spagnolo è nuova? Pensavo che proprio questa risalisse al tempo delle ultime registrazioni fatte in Spagna. “No, ha a che fare con l’interesse di Till per l’America Latina. Tra l’altro passa molto tempo in Costa Rica e ci fa sempre venire i nervi  prima dei concerti backstage con queste sue canzoni mariachi. Era ovvio che prima o poi scrivessimo una canzone in spagnolo.” A proposito di questo pezzo, trovo l’interpretazione femminile particolarmente riuscita. E’ proprio così che mi immagino le voci delle streghe! “Abbiamo detto alla casa discografica: vogliamo una voce femminile intensa e rauca, un po’ “da prostituta”. Improvvisamente ecco apparire questa signora sudamericana seduta nello studio del nostro produttore, canta la sua parte e poi sparisce”.

In confronto al predecessore “Reise Reise”, tutte le canzoni di “Rosenrot” sembrano, come dire, trattenersi un po’... “La maggior parte dei pezzi che non abbiamo pubblicato con “Reise Reise” è decisamente più calma. Volevamo che “Reise Reise” fosse un disco potente! L’idea era poi quella di dargli un seguito nell’insieme più tranquillo”. La quiete che precede la tempesta? La motonave Rammstein si è arenata, come si potrebbe pensare guardando la copertina del nuovo album, o procede invece a tutto vapore verso nuovi lidi? “Effettivamente l’album si sarebbe dovuto intitolare “Reise Reise vol. 2”. Ma è un’idea che abbiamo presto scartato. Dal  momento che vedevamo il nuovo disco come un progetto autonomo, c’era bisogno anche di un nuovo titolo. Si è trattato un po’ di un caso sfortunato, perché la copertina era già pronta (una specie di rompighiaccio in un mare polare). Così il nome della nave in copertina adesso è “Rosenrot” e ognuno è libero di attribuirgli un significato. Contrasti? La freddezza del mondo? Dove è finito l’amore? Non ne ho la minima idea, ma senz’altro la nave non è un simbolo della band”. In parole povere, da una parte i due album si appartengono, dall’altra non presentano affinità? “Esattamente. Al momento non abbiamo pianificato nessun tour a specifico supporto di “Rosenrot”, con scenografie appositamente studiate ecc.. In futuro questo di sicuro cambierà”. Già in occasione dell’ultimo album avevo avuto modo di notare come ognuno di voi avesse la possibilità di dimostrare le proprie qualità di musicista. Inoltre mi sembrate rilassati come band. “Ci eravamo annoiati del vecchio tradizionale sound Rammstein...sequenze in successione, batteria “bum-bum-bum”, anche basso e chitarre che suonano la stessa cosa. Non volevamo più fare quel genere di groove. E’ chiaro peraltro che anche la batteria cerca nuove strade. Sicuramente la “marcia” è un nostro punto di forza, ma bisogna suonare sempre solo ciò di cui si ha veramente voglia, perché solo così si è autentici”. Sembra che vi divertiate di più insieme rispetto ai tempi di “Mutter”. O no? “Assolutamente sì. “Mutter” è stato il nostro capitolo più cupo. Dopo un tour estenuante eravamo giunti ai limiti e si era creato uno squilibrio all’interno della band. E’ bello, per fare un esempio, che Richard adesso possa dedicarsi al suo progetto solista. Ha così la possibilità di realizzarsi da un punto di vista musicale in un modo che all’interno della band non gli sarebbe mai stato possibile.”. Alla band si è già prospettata una volta l’eventualità dello scioglimento? “No, fu solo “congelata” per un breve periodo. Ci rendemmo conto rapidamente di quanto avevamo ottenuto e di come a qualcuno la band potesse mancare”. Come in un matrimonio? “In un certo senso. Con la differenza che in un matrimonio non è così facile staccare. Diciamo che le posizioni sono più rigide”.

Ogni quanto vi vedete? “Quanto lo permettono i punti in comune. Io e Paul abbiamo figli della stessa età. E ci si vede. Quando proviamo ci vediamo tutti i giorni. Durante i tour talvolta solo alla sera. Richard è a New York, per cui al momento non lo si vede per niente”. Più o meno come incontrarsi in soggiorno. C’è chi va e c’è chi viene, e se s’incontra qualcuno, ci si rallegra… “Esatto”.

“Benzin”, il primo singolo con il suo video violento, fa un po’ l’effetto di un pugno in un occhio, considerata l’attuale crisi petrolifera. La si potrebbe anche considerare un specie di “Biker song”, o più semplicemente un tipico pezzo Rammstein. Che cosa si intende esattamente per “Benzin”? “Sicuramente è un argomento dalle molte sfaccettature. In definitiva, però, il fuoco è sempre stato parte integrante della nostra storia come band. Ci accompagna da sempre. Semplicemente Paul una volta è  andato da Till e gli ha detto che trovava Benzin una parola eccitante. Non ne potresti tirare fuori un testo? E così a Till è venuta in mente questa parola”.

Evidentemente “Mann gegen Mann” parla di omosessualità. Sarebbe grandioso vedere ai concerti migliaia di metallari cantare insieme questo pezzo. Sulla scena metal i pregiudizi abbondano. Perché trattare proprio questo tema? Si tratta del tabù in se stesso e, nella fattispecie, di infrangerlo? “Non vogliamo discriminare i gay. La canzone è per loro. Volevamo togliere pesantezza all’argomento e renderlo comprensibile”. Quale messaggio dovrebbe trarne il fan? “Quello di provare naturale comprensione nei confronti dell’Altro”.

Il testo di “Ein Lied” mi servirebbe proprio come esempio per scrivere un vero numero rock. Questo brano è estremamente pacato, con una sgradevole melodia per bambini. Come avete unito qui  testo e musica? “I testi sono sempre appesi sulla parete davanti a noi in sala prove o in studio. “Ein Lied” è nata in dieci minuti. C’era il riff, Till si è preso il testo e ha cominciato a cantare. Ci è piaciuto. La canzone era pronta. Il testo di “Mann gegen Mann”, invece, c’era già a tempi di Mutter”.

Avevo già letto: i fratelli Grimm e Goethe uniti  in “Rosenrot”. Per quanto riguarda i Rammstein, per me effettivamente ci siamo vicini. “Naturalmente questo fatto ci conferisce un livello, una profondità con i quali assolutamente non civettiamo. Da sempre Till si serve di questa antica forma metrica romantica. Ma non è che passi il suo tempo con Goethe e i fratelli Grimm davanti al naso”. I testi di Till sono intoccabili? “Niente lo è. Quando qualcuno di noi si occupa a lungo di un argomento, naturalmente ci riflette ed espone la propria opinione. Questo può portare però anche ad avere un’unica prospettiva. Per quanto possibile cerchiamo di ovviare a questo inconveniente. E’già capitato qualche volta di discuterne”.

“Spring” non dispone soltanto di un muro di chitarre, ma anche di un testo che affronta il tema della curiosità e della “massa”. C’è un legame con la band? Si tratta di un critica alla “massa”, pronta alla razzia e ingiusta verso il prossimo? Cosa che ai Rammstein è già successa.

“Chiaro. La “massa” genera da sé la propria creatura. Spinge uno in una direzione. Su questo hai ragione”.

Torniamo a posteriori alla discussione in merito alla vostra prima copertina. “Non ci preoccupavamo  di questo, eravamo naif. E’ stato un bene per noi in definitiva. Altrimenti forse la nostra estetica non si sarebbe sviluppata. Le discussioni sui Rammstein, però, non sono mai arrivate al nocciolo, si sono fermate in superficie.”

“Rosenrot” intende magistralmente lasciare la superficie  e penetrare forse ancora più in profondità verso quel nocciolo. Il ghiaccio è rotto e la motonave Rammstein riprende il viaggio. Aspettiamo di conoscere in quali acque del futuro il suo equipaggio la porterà a navigare, se a vela o a motore, curiosi di vedere se continuerà a parlarci  della lotta tra l’amore e l’odio.

Che cosa sarebbe oggi il mondo (della musica) senza i Rammstein?

[Alexander Ertner, The Legacy, the voice from the dark side, Ott./Nov. 2005]
 

RAMMSTEIN, “Rosenrot” (Universal) 

Si tratta di un “mangiare avanzi” questo nuovo album dei Berlinesi, pubblicato ad un solo anno di distanza da “Reise Reise”?

Proprio in apertura, nel bel mezzo dell’attuale crisi petrolifera, i Rammstein sparano un fuoco d’artificio con il primo singolo, “Benzin”, nello stile proprio della band, con una struttura chiara e la presenza, già quasi epica, delle tipiche tastiere di Flake. Segue rapidamente  “Mann gegen Mann”, percorsa da elementi che rimandano ai White Stripes. I Rammstein hanno scoperto una predilezione per basso e chitarra morbidi. La strofa “Mein Geschlecht schimpft mich Verräter/Il mio sesso mi rimprovera di essere un traditore” resta nell’orecchio e ci si scopre ad ascoltare, esorcizzata, una canzone dai contenuti omoerotici. Sarà divertente sentirla cantare all’unisono da 10.000 persone ai concerti…Il brano che dà il titolo all’album unisce Johann Wolfgang Goethe ai fratelli Grimm ed è semplicemente un tipico pezzo Rammstein. Con la successiva “Spring” non tornano soltanto le chitarre metal, ma anche l’ironia della band. Questa canzone è caratterizzata da un testo che parla della cosiddetta “massa”, che sboccia in un ritornello meraviglioso la cui piacevole coralità resta nella gola. “Wo bist du” è sostenuta dalla propensione lirica del frontman. “Ich liebe dich, ich liebe dich nicht, ich liebe dich nicht mehr oder weniger als du/Ti amo, non ti amo, non ti amo più o comunque meno di quanto tu ami me”. Il pezzo si avvolge intorno alle tastiere, con un sound vicino a quello del clarinetto, o dell’oboe, che si armonizza perfettamente con la morbidezza del testo.  Con “Zerstören” si ritorna al suono Rammstein nella sua globalità. Che dire delle rimanenti  tracce... Si resta sorpresi infatti da brani come “Ein Lied” o “Feuer und Wasser”, che mettono in evidenza i nuovi (?) più morbidi aspetti della band. Con il pezzo “Te quiero puta” a mio avviso si raggiunge un culmine. Le trombe hanno sempre un bel suono, in Messico ce ne sono sempre un paio.  Il crescendo della canzone, il risuonare sempre più deciso delle voci, la voce femminile che arricchisce sublimandolo ogni coro con la sua tonalità da strega, meritano da soli l’ascolto! In tutto 10 pezzi su 11 di “Rosenrot” superano l’esame. Se la motonave Rammstein si trovi ancora “in viaggio” o se sia approdata, cercheremo di chiarirlo nell’intervista. Per il momento, alla prima impressione non diamo alcun punteggio (AE).