Intervista di RockHard
Traduzione di Karmilla
 

LA NUOVA MALINCONIA 

Prima del previsto i Rammstein, la band tedesca di maggior successo, ci onorano del loro quinto LP. Il lavoro, che si intitola “Rosenrot”, e che sarà pubblicato a fine Ottobre, conterrà alcune sorprese. Durante la conferenza stampa di Parigi abbiamo avuto modo di ascoltare il disco in anteprima. 

Come è noto, la band berlinese non si è mai trovata a corto di idee originali. Per la listening-session di “Rosenrot” alcuni giornalisti sono stati fatti atterrare nella capitale francese; noleggiato un autobus londinese a due piani, decorato con il logo Rammstein,  i “poveri scribacchini” sono stati fatti salire a bordo e quindi spediti a fare il giro turistico di Parigi…assolutamente normale…

Dopo avere consegnato tutte le borse, armati più soltanto di carta e penna, ai giornalisti è stata messa nelle mani una copia sigillata del nuovo album. Di questi tempi, quando copie illegali praticamente di qualsiasi cosa circolano su Internet già settimane prima della pubblicazione, si può comprendere il ricorso a simili misure di sicurezza. Tutta la faccenda presenta il vantaggio che si può ascoltare il disco più volte in tutta tranquillità, visto che il giro turistico dura parecchio. I giornalisti presenti gettano a malapena un’occhiata alle attrazioni di questa metropoli sulla Senna, profondamente assorbiti dall’ascolto di “Rosenrot”, che si rivela piuttosto sorprendente. Ecco le primissime brevi impressioni sui nove pezzi già pronti per l’ascolto in occasione di questa presentazione alla stampa: 

  • Si comincia con Benzin, un pezzo inizialmente previsto per l’album “Reise, Reise” e suggerito dalla casa discografica come primo singolo. Dopo averlo ascoltato, si capisce anche perché: è un vero e proprio inno, che entra irresistibile nell’orecchio con il suo ritmo veloce, ballabile ma anche perfetto per l’headbanging. Nel testo non si celano contenuti particolarmente profondi – almeno, così sembra, forse al primo ascolto mi sono sfuggiti…
  • Per ritmo e struttura Spring ricorda un po’ la Stein um Stein dell’ultimo disco. Semplice e arricchita da una bella tastiera in background. Il testo comincia con la classica storia del tipo “c’è stato un incidente e voglio vedere con i miei occhi che cosa è successo”, per poi prendere un’altra direzione verso la fine del pezzo e trasformarsi in un racconto virato al nero.
  • Il tema di Rosenrot è l’eterna malia esercitata dalla Donna che nel testo (naturalmente) si conclude in tragedia. “Tiefe Brunnen muss man graben, wenn man klares Wasser will [Bisogna scavare sorgenti profonde se si vuole attingere acqua limpida]”, recita una delle pregnanti strofe del testo. Il brano è solo un po’ enfatico; in azione, strofa dopo strofa, solo basso e batteria; le tastiere non emergono quasi. Grandioso!
  • In Zerstören  il ritmo si fa nuovamente quello più adatto al brano. Si tratta del classico beat Rammstein arricchito da pesanti chitarre. Un breve assolo e poi, verso la fine del brano, un break piuttosto inatteso. Lasciatevi stupire! La citazione del verso “Ich hätte Lust, was zu zerstören, doch es darf nicht mir gehören [Avrei voglia di distruggere qualcosa, ma non mi deve appartenere]” rende piuttosto bene l’espressività del testo.
  • Anche Mann gegen Mann è piuttosto dura, con un refrain esplosivo. Da un punto di vista lirico è l’unico brano per il quale i Rammstein potrebbero subire il fuoco della critica: parla infatti di omosessualità, naturalmente con i consueti giochi di parole caratteristici della band.
  • Feuer und Wasser è un tragico racconto di desiderio e amore non corrisposto. La musica lenta e rilassata. Veramente bella!
  • Anche Wo bist du ha un’atmosfera rilassata e una melodia semplice ma molto efficace. Si tratta di un brano malinconico che, ancora una volta, parla di solitudine e dell’amore che svanisce.
  • E poi in programma c’è questa Te quiero puta, che si rivela già nel titolo: il pezzo, infatti, è cantato interamente in spagnolo e ha un groove duro ma anche decisamente ballabile, arricchito da fiati alla messicana. Assolutamente grandioso, il pezzo preferito dalla maggior parte dei colleghi.
  • Infine Ein Lied, che si lascia descrivere facilmente: immaginatevi l’attacco tranquillo di Mein Herz brennt, prolungatelo per l’intera durata di una canzone ed avrete un quadro piuttosto preciso di come sia il brani in questione. Il testo è un omaggio alle legioni di fans dei Rammstein.

Anche se la versione finale del disco conterrà ancora uno o due pezzi, possiamo sin d’ora affermare che sicuramente “Rosenrot” è l’album più tranquillo e sorprendente finora realizzato dai Rammstein.

Innanzitutto ci si chiede come mai i Rammstein abbiano prodotto così rapidamente un nuovo LP quando in passato, di solito, sono intercorsi almeno tre anni tra un lavoro in studio  e l’altro. Risponde il batterista Christoph Schneider.

“Semplicemente avevamo scritto troppe buone canzoni durante la produzione di “Reise Reise” – ride il batterista – e siccome  non ci piacciono i dischi doppi, abbiamo deciso di conservarne alcune per dargli un seguito [a “Reise Reise” n.d.t.] in tempi brevi. Dopo gli ultimi impegni del tour, poi, all’inizio dell’anno siamo tornati in studio e abbiamo composto ancora alcuni pezzi. In pratica “Rosenrot” è un mix di materiale nuovo di zecca e di canzoni che non hanno trovato collocazione su “Reise Reise”.

Vi era già capitato, durante le precedenti produzioni in studio, di avere materiale in eccedenza, che non ha poi trovato posto sull’album? Oppure stavolta c’è stato, diciamo, un esubero di creatività?

“Per via del severo criterio di controllo qualità che attuiamo come band, di regola non ci ritroviamo con pezzi in più, e quando in passato è capitato che ci fosse materiale in eccedenza, sono stati pubblicati b-sides. Questa volta però sarebbe stato uno spreco, non si sa come ma i b-sides finiscono per non ottenere grandi risultati”.

Si potrebbe quasi intendere che dietro a questi due album si nasconda una sorta di progetto. Dalla realizzazione di “Mutter” è passato molto tempo e aveva quindi anche un senso riapparire sulla scena con un disco rabbioso e potente come “Reise Reise”, per far capire a tutti che i Rammstein erano tornati. E se “Reise Reise” è tutto tracks dure, ricche di provocazioni testuali (si pensi al primo singolo, “Mein Teil”, sul quale era chiaro sin dall’inizio che alcuni media si sarebbero buttati, garantendo peraltro alla band un’ottima promozione), così è stato anche per “Rosenrot”, seppure con uno spazio maggiore per i toni più rilassati; e con “Mann gegen Mann” è presente anche il testo provocatorio, che può portare la band in condizioni di scontro [con l’establishment n.d.t.]…

“Da una parte ci era chiaro che per “Reise Reise” avevamo realizzato troppi pezzi “tranquilli”, e del resto sarebbe stato impossibile pubblicarli tutti sul disco. Durante il songwriting questa primavera eravamo quindi consapevoli della necessità di produrre materiale un po’ più duro, per compensare, diciamo così.  D’altra parte devo confessare che non avremmo scommesso un soldo su “Mein Teil” come primo singolo, e che all’epoca ci meravigliammo che la scelta della casa discografica fosse caduta proprio su questa canzone. E non era veramente neanche nostra intenzione essere da subito il più provocatori possibile.”

Per “Rosenrot” partirete immediatamente con il tour o vi concederete una pausa?

Sicuramente andremo nuovamente in tour, ma non per questo album. Nei mesi scorsi siamo stati in giro parecchio e abbiamo anche partecipato a innumerevoli festival estivi”.

Stavolta siete andati meno all’estero rispetto a quanto facevate una volta…

“Non è vero, semmai è stato il contrario”.

Stavolta però l’America è rimasta fuori. Temevate che gli Americani potessero reagire male per via di “Amerika”?

“Assolutamente no. Sono convinto che la canzone da quelle parti non abbia avuto tutta questa risonanza, addirittura alcuni fans l’hanno interpretata come un inno a favore dell’America. In effetti avevamo in programma per l’autunno di suonare da quelle parti, poi però abbiamo dovuto annullare i concerti previsti in Messico - e anche in Asia - perché il nostro tastierista Flake si è ammalato. Ha contratto un’infezione piuttosto seria e al momento non si può dire quando sarà di nuovo al 100%”.

Gli auguriamo una rapida guarigione. Ci sono legioni di fans che sarebbero ben contenti se i Rammstein facessero ancora concerti, tanto più che dovrebbe essere noto quale elevato standard di intrattenimento la band è in grado di offrire. A proposito, anche per quanto riguarda i costumi di scena, proponete sempre qualcosa di originale, per esempio gli stivali che indossavi on stage durante l’ultimo tour…non sembravano però particolarmente adatti per suonare…o avete a disposizione materiali leggeri particolari?

“No, no…erano stivali veri, e terribilmente pesanti!”.

Vuoi prendermi in giro…

“Okay, hai scoperto il mio gioco…Si trattava di normalissime scarpe da ginnastica con risvolti giganteschi. Davano l’idea di essere ingombranti, in realtà per suonare erano piuttosto comode. Un batterista è piuttosto limitato nella scelta del costume di scena, perché ha bisogno di libertà di movimento”.

Devi saperne qualcosa in prima persona…ho letto da qualche parte che tua sorella fa parte del team che si occupa dei vostri costumi.

In effetti è stata coinvolta in questa cosa; da qualche anno, però, per questioni di tempo ha lasciato perdere. In generale comunque il pubblico nutre aspettative piuttosto precise per quanto riguarda il nostro abbigliamento di scena. Durante l’ultimo tour  abbiamo indossato  costumi tradizionali bavaresi. Essendo noi una band tedesca, abbiamo cercato di immaginare con che cosa potesse essere associata la Germania, e così siamo arrivati a questi costumi. I Bavaresi sono gli unici che abbiano ancora veramente a cuore queste tradizioni. Al resto aveva da essere dato un po’ di look “industrial”, e per via degli effetti pirotecnici bisognava che il tutto fosse realizzato con materiali specifici.

Chi decide chi può fare che cosa? O non ci sono limitazioni? Sembra che Flake riscuota il massimo successo con il suo look strampalato.

Nessuna prescrizione; ognuno decide per sé.

La mia domanda ha una ragione precisa, visto che sin all’inizio i Rammstein si sono proposti come un collettivo senza protagonisti. Un insieme senza star. Da un po’ di tempo però sembra che Flake si conceda qualche libertà, svincolandosi dal collettivo, nei vostri video, per esempio, oppure improvvisando brevi assoli sul palco. E’ l’insieme che lentamente comincia a venire meno?

Abbiamo caratteri molto diversi. Per alcuni di noi è lo show ad essere importante, altri, invece, si concentrano maggiormente sulla parte musicale. Per esempio, io non potrei mai comportarmi come Flake. Non sono il tipo, e non sarei nemmeno così divertente [come lui n.d.t.]. Del resto per certi ruoli si offre regolarmente volontario. Naturalmente potrei dire che Flake esagera e che sarebbe bene tornasse a concentrarsi sulla musica, ma in realtà la cosa più importante è riuscire a mantenere sempre un equilibrio tra musica e spettacolo. Till e Flake sono più tipi da spettacolo. E va benissimo così, fino a quando, almeno, ciò non finisse per andare a detrimento della musica. Voglio dire, certe volte suoniamo anche in piccoli locali, senza tutto l’apparato scenico, e la cosa funziona. Indubbiamente, però, a lungo andare, alcuni di noi si annoierebbero. E poi gli effetti speciali sono anche un po’ il nostro marchio di fabbrica.

Tu sembri più il tipo che si concentra appunto sulla parte musicale. Ti capita qualche volta di sentirti in qualche modo limitato, dato che il sound dei Rammstein non concede molto spazio a breaks e fills, e che richiede da te la pura ritmica?     

All’inizio questo stile “da macchina” mi divertiva parecchio e mi ha anche dato occasione per imparare molte cose. Ad un certo punto, però, ovviamente mi è venuto a noia. Del resto un musicista desidera evolversi. A partire da “Mutter” abbiamo leggermente modificato il nostro stile, e ci sono già lì canzoni in cui la parte di batteria risulta più ricca di cambiamenti. In un primo momento i miei colleghi non volevano accettare il mio punto di vista, però, poi, a pezzo finito, sono stati costretti ad ammettere che una canzone dei Rammstein, per essere tale, effettivamente non ha sempre bisogno di quel beat martellante.

Dal vivo però sei praticamente condannato a suonare come da click. Nella musica dei Rammstein non c’è spazio per l’improvvisazione.

E’ un problema che ultimamente affligge un po’ tutti noi. Il nostro sound si basa su una certa struttura e una determinata disciplina; tutto il resto non andrebbe bene per il nostro modo di fare musica. E fino ad ora le cose hanno funzionato bene così. Talvolta, durante il tour, abbiamo lasciato un po’ di spazio per l’improvvisazione – è buffo, ma dopo non più di quattro concerti, ci siamo resi conto che tutti finiamo per suonare nello stesso modo ogni sera.

Per quanto a mia conoscenza tu suoni anche con l’In-Ear-Monitor. Sei in grado comunque di percepire l’atmosfera dello show e la reazione del pubblico?

Sì certo.  Nel mio Mix sono comunque presenti i suoni del pubblico e del palco. Per quanto mi riguarda è la cosa più piacevole e anche la più bella, per le orecchie.

E qui si potrebbe interloquire sostenendo che però tra Rammstein e pubblico c’è poca interazione. Se da una parte Till per fortuna evita le sgradevoli sviolinate del tipo “Tutto bene voi là fuori?”, dall’altra alcuni fans vorrebbero un po’ più di comunicazione…

Posso capirlo. A Till però questo non va, e non ne è capace, e bisogna rispettarlo. Alcuni giudicano arrogante il suo atteggiamento, ma non è certo questa l’intenzione. E noi non possiamo in alcun modo costringerlo. Del resto non porterebbe a niente, se è Till per primo a non sentirsi a proprio agio. La nostra musica, peraltro, non concede molto spazio per queste cose. Però, quando capita che si venga a creare l’occasione perché il pubblico possa interagire, ci accorgiamo anche noi di quanto i fans siano contenti…

D’altra parte la vostra immagine è quella di una band “inaccessibile”, che per via del successo predilige suonare in grandi spazi. E’ difficile avvicinarvi dopo un‘esibizione,  per esempio aspettandovi al tourbus, come invece può succedere quando una band suona nei clubs.

Sì, è veramente un peccato qualche volta. Per via della sua lunghezza un tour come questo può essere molto limitante. Vai al concerto, resti lì nei paraggi per un po’ dopo che è finito, ti sposti nella città dove è previsto il concerto successivo e a malapena hai contatti con il mondo esterno. Sei circondato sempre dalle stesse persone. E anche il bar dell’albergo a lungo andare ti viene a noia.

Noioso come guardare la televisione, dove peraltro i Rammstein appaiono raramente, tranne casi eccezionali, come è stata la partecipazione alla cerimonia degli Echo.

Vedi, in tali occasioni possiamo presentarci come band soltanto per come noi stessi ci riconosciamo: allora si allestisce un palco speciale, oppure si presenta qualche altra particolarità. Cose che normalmente non si vedrebbero in uno show televisivo. All’inizio della nostra carriera l’abbiamo anche fatto un paio di volte, ma abbiamo capito che il risultato era una merda. Così abbiamo semplicemente smesso di farlo.

Durante la cerimonia di premiazione degli Echo avete suonato dal vivo? Faccio questa domanda perché indossavate i costumi del videoclip “Keine Lust”.

Assolutamente sì, abbiamo suonato dal vivo. Siamo rimasti in quei costumi per sei ore. Per quell’uscita di cinque minuti ci sono voluti dieci truccatori.

Posso chiedere com’è che vi siete trasformati in quei mostri da 150 kg così straordinariamente naturali e verosimili, al cui confronto persino il sottoscritto sembra ancora un fuscello? Okay, far lievitare i corpi con i trucchi convenzionali non  è difficile, ma tutto il resto… 

La parte più difficile è tutto ciò che ha a che fare con la pelle. Sono stati preparati calchi speciali, poi una maschera in silicone che dovevamo indossare come base e che veniva fissata in una maniera complicata. [La maschera n.d.t.] è completamente a contatto con la pelle e ricalca perfettamente la mimica. Si passa poi a trucco, colore, ombreggiature e via dicendo…naturalmente, là sotto si suda come dannati.

Insomma, niente di ciò che si potrebbe allestire per un tour ordinario. Vorrei fare a questo proposito ancora una domanda, che ho già posto in passato: al termine di un vostro concerto, ci si allontana con la sensazione che non riuscirete a fare di meglio, la prossima volta – e invece ce la fate sempre. Anche voi vi sentirete sotto pressione e diventerete matti a escogitare novità… e semplicemente perché dai Rammstein ce lo si aspetta…

Oh sì, altroché se ci rompiamo la testa a pensare! Naturalmente possiamo sempre usare quella nuova luce, oppure l’effetto pirotecnico appena usciti sul mercato. Solo che è sempre dannatamente costoso!

Beh, credo che il mercato dei fuochi d’artificio in Germana colerebbe a picco senza i Rammstein. Però spesso sono le piccole cose, neanche troppo complicate da un punto di vista tecnico, che restano più gradite e impresse al pubblico. Mi riferisco alla scena di Flake nel mega pentolone, da cui poi salta nuovamente fuori sprigionando fumo...

Questo tipo di idee non ci manca di certo. Sono proprio generate dalla dinamica del gruppo - semplicemente bisogna che ne verifichiamo la fattibilità da un punto di vista tecnico.