Intervista di Zillo
Traduzione di Karmilla

RAMMSTEIN

IL VIAGGIO CONTINUA 

Parigi, Martedì 6 Settembre 2005. Manca poco alle otto del mattino quando il volo proveniente dalla Germania atterra all’aeroporto parigino “Charles De Gaulle”. Ovunque un brulichio frenetico. La capitale francese è già in piedi dall’alba. Non bisogna lasciarsi contagiare. Prima cosa: orientarsi in aeroporto. Anziché in taxi, i 30 km che separano dal centro cittadino si percorrono con la metropolitana. Lungo tutto il tragitto un uomo intona canzoni popolari francesi accompagnandosi con la fisarmonica. Questo è stile. E infine una visita ai monumenti. Nôtre Dame, la torre Eiffel, il cimitero Père Lachaise e infine, nel primo pomeriggio, rapidamente, ancora il quartiere degli artisti Montmartre e la basilica del Sacro Cuore. Al centro di questa giornata non sono tanto le rinomate attrazioni turistiche, quanto una band tedesca che vuol dire oltre dieci milioni di dischi venduti. Si parla naturalmente dei Rammstein, la band di lingua tedesca di maggior successo del Dopoguerra, che oggi a Parigi presenta ai giornalisti il suo quinto album, “Rosenrot”.  

La band non prende parte alla sessione d’ascolto, attesa con ansia, organizzata all’interno di un autobus londinese (!) a due piani con enorme logo dei Rammstein sulla fiancata. Sono invece presenti i rappresentanti della casa discografica Universal ad assicurare che nessun tipo di registratore arrivi fino al piano superiore. Sicurezza, prima di tutto. Chiaro. Quindi giro della città con partenza da Piazza della Bastiglia, lungo la Senna, in direzione della torre Eiffel, nove nuove canzoni di “Rosenrot” nell’orecchio. Per il momento non è ancora dato di ascoltare di più, comunque già la prima impressione è assolutamente convincente (vedi riquadro – prime impressioni N.d.T.). Quando l’autobus infine si ferma nel punto previsto lungo le tranquille sponde della Senna, dei Rammstein ancora nessuna traccia. Ingannano il tempo sulle sdraio ai Ports des Champs Elysées, in paziente attesa delle interviste. Alle 4, finalmente, ci siamo. Il chitarrista Paul Landers concede udienza dal tempo contato all’ansioso redattore di Zillo sul ponte dell’imbarcazione, vista sulla torre Eiffel e accecante luce del sole inclusi. Già questa è una ragione bastante – così Landers – per decidere di organizzare la promozione del disco a Parigi; nella natia Berlino i dischi sono stati presentati già sufficientemente spesso. Motivazione più profonda, quindi, non c’è, con buona pace di chi scrive. Che Paul Landers sia una persona simpatica dotata di un sano “humor” nero si palesa rapidamente a mano a mano che filosofeggia in un’atmosfera rilassata sul nuovo lavoro dei Rammstein, “Rosenrot”. Esauriti brevemente i preliminari convenevoli, la chiacchierata giunge subito al punto, il tempo è tiranno. Leggete voi stessi. 

Zillo:  Il titolo pensato originariamente per il nuovo album era “Reise Reise vol. 2”. Per quale motivo avete optato all’ultimo momento per “Rosenrot”?  Titolo che era già stato in predicato per il precedente album…

Paul:  Di solito per ogni disco componiamo una ventina di canzoni, delle quali scartiamo poi una parte, che finisce in niente. Con “Reise Reise” si è creato il problema che tutti i pezzi erano venuti davvero bene, così alla fine ci siamo trovati con queste venti canzoni per le mani senza sapere esattamente che cosa fare. Data l’abbondanza di materiale di qualità è nato il progetto di pubblicare un secondo album con relativa rapidità. Siccome avevamo deciso di non includere “Rosenrot” sul primo disco, abbiamo scartato l’ipotesi di utilizzarne il titolo per “Reise Reise”; sarebbe stato piuttosto sciocco dare all’album il titolo di una canzone che sarebbe poi stata presente nel lavoro successivo… Non siamo in grado di spiegarlo ad un giornalista. In un primo momento volevamo chiamare il disco “Reise Reise vol. 2” per mostrare ai fans che non si annunciava una nuova era Rammstein, ma solo che conteneva canzoni nate nello stesso periodo di tempo. Sono pezzi altrettanto validi di quelli su “Reise Reise”, ma non mostrano alcun ulteriore sviluppo musicale. Tuttavia, il titolo “Reise Reise vol. 2” suonava troppo impersonale per essere dei Rammstein. Così, quando la casa discografica ci ha chiesto se non potevamo pensare a qualcos’altro, abbiamo deciso per “Rosenrot”, ed ecco fatto!   

Zillo: Da un punto di vista strettamente musicale, quindi, “Reise Reise” e “Rosenrot” avrebbero potuto essere pubblicati come un doppio album?

Paul: In quel momento le canzoni non erano tutte pronte. Per esempio, “Te quiero puta” non aveva ancora un testo. Per questo motivo abbiamo pubblicato tutti i pezzi finiti sul primo disco, e lasciato indietro quelli su cui avevamo ancora bisogno di lavorare.

Zillo: La disposizione d’animo rilassata e il piacere della sperimentazione di “Reise Reise” sono quindi anche alla base di “Rosenrot”?

Paul: Sì, dovevamo ancora fare tre, quattro pezzi, che abbiamo poi registrato a Berlino. Anche qui, con la massima tranquillità. In passato abbiamo sempre avuto forti contrasti, del tipo: questa parte deve essere blu, quell’altra parte, però, assolutamente rossa. In realtà non esistono una parte migliore e una peggiore. E ad un certo punto ce ne siamo resi conto. Si pensi ad una strofa a titolo di esempio. Togliete il basso: la metà troverà il risultato grandioso; rimettete il basso al suo posto e sarà l’altra metà a dire “oh, figo!”. Abbiamo notato che c’è sempre gente a cui piacciamo, indipendentemente da come affrontiamo un certo argomento. In realtà, non puoi sbagliare. Da quel momento abbiamo imparato a lasciare le nostre spade nel fodero e a smettere di scontrarci. Abbiamo superato le questioni interne per mezzo di accordi. Per esempio, nelle strofe di “Benzin” sono mischiate una voce femminile e in parte anche un paio di voci infantili che cantano “hey hey”. L’”hey hey” è di Richard, la voce femminile di Flake. Suona sciocco ma a Richard non piaceva la donna di Flake, e a Flake non piacevano i bambini di Richard…Così hanno fatto un patto, tu ti tieni la donna, io i bambini, fine. Stavolta il nostro modo di lavorare è stato questo, del tipo: tu questa parola non la dici e in cambio puoi eliminare il mio assolo di chitarra. Credo che all’ascolto si avverta che questo disco è nato in un’atmosfera rilassata. Si nota anche che siamo diventati più melodici senza per questo essere peggiorati. Si può essere melodici e scrivere belle canzoni.

Zillo: Il nuovo disco in effetti è decisamente tranquillo, e anche doom, per certi versi…

Paul: Sì, sono d’accordo. Nella realizzazione di ogni album diamo il meglio di noi stessi, lavoriamo con le persone più in gamba, utilizziamo le apparecchiature migliori, le idee migliori e i testi migliori…al meglio delle nostre possibilità. Se poi il prodotto piace, vuol dire che abbiamo avuto fortuna…se invece è un disco di merda…beh, noi ci abbiamo messo lo stesso impegno, ma abbiamo avuto sfiga. Ci sono buone bands che sfornano dischi brutti senza averne l’intenzione. E chi mai farebbe deliberatamente un album scadente? Noi finora siamo stati fortunati, non c’è ancora capitato…

Zillo:  Esiste uno schema particolare all’origine di una canzone dei Rammstein?

Paul: Alla stesura dei pezzi prendiamo parte tutti. Questo garantisce la riuscita. Le fondamenta vengono sempre gettate da diverse persone. In effetti ciascuno di noi ha già contribuito con una canzone. Qualche volta si tratta di un pezzo completo, in altre occasioni il pezzo nasce attorno ad una semplice parola, come è stato il caso di “Benzin”, altre volte ancora il refrain si costruisce con materiale avanzato. In ogni caso realizziamo tutto lavorando sempre insieme.

Zillo: Una canzone come la festosa “Te quiero puta” non la si scrive per caso, però…no?

Paul: Senza le trombe e il cantato, si tratta di una tipica canzone Rammstein 08/15, anche se è difficile da credere. Ha un buon riff, effettivamente, ma non lo definirei un pezzo super. A Till piace lo spagnolo, e lo parla anche un po’. E alla fine ha scritto un testo in spagnolo, cosa che peraltro da tempo si aveva in mente di fare. Il pezzo aveva inizialmente un testo in tedesco, ma senza trombe non era decisamente molto sensazionale. Il refrain era: “…Omm, wie er leuchtet…omm ich bin total erleuchtet” [“omm, come splende…omm sono completamente illuminato”], e l’inizio faceva “Ich stecke meine linken Fuss in einen Pfuhl, der stinken muss“ [“Infilo il mio piede sinistro in una pozza, che deve puzzare”]. Quindi abbiamo pensato…sì, okay, ma ancora non eravamo totalmente soddisfatti del testo. Allora Till ha detto, okay, rompiscatole, ci provo ancora una volta. Ci sono canzoni per le quali Till scrive fino a cinque testi, e ci odia da matti per il nostro continuo criticare. Per l’effetto finale è però un bene che tutti abbiano voce in capitolo, in questo modo la qualità  è sempre garantita. Anche se ci sarebbero stati comunque fans anche a favore del testo citato prima.
Comunque, Till ha adattato il testo spagnolo alla canzone, al che Olli ha poi aggiunto che avremo dovuto arricchire con trombe la melodia vagamente arabeggiante. Di punto in bianco la canzone ha preso a sembrare veramente un pezzo spagnolo e ce ne siamo meravigliati noi stessi. E’ stato anche un caso fortunato che questa melodia araba, con l’aggiunta di una piccola quinta nelle trombe suonate a due voci, prendesse quest’aria spagnola.

Zillo:  Vorresti commentare brevemente le canzoni che oggi non sono state presentate?

Paul:  Ok, “Stirb nicht vor mir” è quasi una pop song alla Red Hot Chili Peppers, di cui esistono sei versioni. Stiamo ancora scegliendo quella giusta. Ne esiste anche una versione eseguita insieme ad una cantate inglese. C’è poi una canzone…eh, questo non lo dico. E’ un segreto. E ancora, abbiamo un altro pezzo, “Hilf mir”, piuttosto lungo. Come assaggio per i giornalisti preferiamo presentare meno, che troppo. E’ come quando si è costretti a mangiare cinque porzioni di fila del proprio piatto preferito: il sesto non piace più, perché si è mangiato troppo. Cerchiamo di servire sempre un piatto alla volta, in modo che possa pensare…ah, dei Rammstein gradirei ancora una porzione. E’ lo stesso motivo per cui sui dischi ci sono sempre undici canzoni, tiene la gente di buon umore.

Zillo: Avete realizzato “Rosenrot” lavorando con il team di produzione costituito da Jacob Hellner, Stefan Glaumann e Howie Weinerg, come in passato per “Reise Reise” e “Mutter”. E’ importante per i Rammstein questa continuità?

Paul:  Dai tempi di “Mutter” il songwriting all’interno della band è un po’ cambiato. Questo per colpa dei contrasti fra di noi. Per avere almeno un punto fermo siamo rimasti con la stessa produzione. Volevamo avere una costante sicura per mantenere una certa qualità di fondo, perché con questa squadra di lavoro sappiamo in che mani siamo. Per fare un esempio, “Rosenrot” è stato mixato senza che noi fossimo presenti, perché in quel periodo eravamo in tour; sappiamo però che il sound di base, con questa combinazione, è sempre ok. Abbiamo ricevuto un file MP3 che ci dava la possibilità di modificare i dettagli. Una certa routine costituisce un vantaggio. Non escluderei però che con il prossimo album si possa agire diversamente. Finora i nostri dischi risultano sufficientemente diversificati, ma si può dire che con altri produttori le cose vadano meglio, o peggio, soltanto dopo avere fatto la prova.

Zillo: La nuova scheda della band proposta dalla vostra casa discografica pone l’accento sull’aspetto poetico dei vostri testi, citando Johann Wolfgang Goethe e i fratelli Grimm come ispiratori. Inseriresti i testi di Till in questa tradizione poetica?

Paul: E’ molto difficile che le informazioni fornite dalle case discografiche mi soddisfino. Di solito sono troppo pompose e piene di adulazione. Al contrario ritengo i testi di Till sempre incredibilmente belli. Può darsi che dipenda dal fatto che siamo nella stessa band, ma mi immagino di trovarla sempre altrettanto valida. Di recente ho sentito alla radio “Du riechst so gut”. Solo per la frase “Ein blindes Kind das vorwärts kriecht/weil er seine Mutter riecht” [un bimbo cieco che avanza strisciando/perché sente l’odore di sua madre] si è già guadagnata il diritto di esistere, al punto che la si potrebbe chiudere lì, secondo me. E con ciò ho detto ciò che doveva essere detto. Insuperata.

Zillo: I Rammstein sono la band di lingua tedesca di maggior successo in assoluto…

Paul: Abbiamo appena ricevuto un World Music Award. Ritengo che sia un avvenimento degno di nota…

Zillo: Vi sentite in una posizione di responsabilità nei confronti della lingua tedesca?

Paul: Veramente no. Quando cominciammo, la lingua tedesca era del tutto ignorata, troppo ingiustamente. Come ci si vergogna in Germania di tutto ciò che è tedesco. Volevamo dimostrare alla gente, sia all’estero, sia in patria, che essere tedeschi non è un male. In definitiva ci sono anche aspetti positivi nelle virtù tedesche. Secondo noi non ci si deve vergognare delle proprie origini, indipendentemente da dove si venga.

Zillo: In un’intervista a proposito di “Reise Reise” hai detto che avete dovuto lottare con una crisi linguistica perché ci sono così pochi vocaboli e titoli nel tedesco che siano adatti ai Rammstein. Come vedi oggi questa cosa?

Paul: Mettiamola così, le tematiche tabù si sono lentamente esaurite, e anche per quanto riguarda le parole che suonano bene, l’aria si è fatta più sottile. Cerchiamo di non ripeterci, ma, ad esempio, la parola “Mutter” [madre] dobbiamo usarla spesso. Forse dovremmo fare qualcosa di più leggero, del resto anche in inglese tutte le parole sono già state usate mille volte. Siccome non ci sono molte bands che cantano in tedesco, non si è neanche abituati a considerare che anche la lingua tedesca ha i suoi limiti. Per questo motivo sicuramente dovremo ripetere alcune parole. A me piace molto anche la parola “Fleisch” [carne], ad esempio, ma ancora ci tratteniamo dall’utilizzarla in una nuova canzone. O forse l’intento della domanda era un altro?

Zillo: No. Riguardava appunto il rischio del ripetersi.

Paul: Beh sì, di idee per la musica ne abbiamo a tonnellate. Però è Till l’unico a comporre i testi. E se viene meno l’ispirazione, tutta la macchina non funziona più al meglio delle sue possibilità. In parole povere…non puoi vendere una BMW senza motore. Possiamo solo sperare che a Till non vengano ad un certo punto a mancare le idee, anche se nel frattempo le cose si sono fatte più difficili che all’inizio.

Zillo: Hai appena citato le tematiche tabù. Anche in “Rosenrot” ci sono posizioni provocatorie, ad esempio la canzone “Mann gegen Mann” parla di omosessualità. Sono provocazioni che si riferiscono a determinate situazioni, o si tratta di provocazioni autonome, dotate di volontà a sé stante?

Paul: In sala prove abbiamo una cassa con sopra scritto “provokant”, in cui peschiamo una volta per album in modo da creare un po’ di scompiglio. Insomma, ad essere onesti, non potremmo fare diversamente. E’ una nostra esigenza interiore quella di piantar grane. Ce l’abbiamo nel sangue e ci diverte. Non parlo di tutti i componenti della band, ma la nostra visione di fondo in generale è colpire la gente nell’anima e scuoterla, ai limiti del buon gusto. A quanto pare è la nostra caratteristica e, per quanto mi riguarda, la sottoscrivo al 100%. Credo che le cose funzionino a condizione di riflettere sull’intenzionalità della provocazione. Non ha una costanza. Tuttavia incassiamo abbastanza bene. In base alla mia esperienza dico che la gente dell’Est in generale lo è un po’ di più rispetto a quella dell’Ovest, specialmente del Nord. E dato che tre di noi vengono dal Nord-Est del paese, i Rammstein sono una band ruspante. Quando è di buon umore, Till è capace di mangiarsi tutto un bicchiere. Così, semplicemente. A differenza di altre persone, butta giù anche lo stelo. Sempre masticare, sempre masticare, dice… Ne resto sempre piuttosto impressionato.

Zillo: Possiamo dire che i Rammstein costituiscano la vostra forma di ribellione anche, anche se non mangiate bicchieri…?

Paul: Sì, si può scrivere così. Penso che una band debba essere così. Gli Slipknot e Marilyn Manson possono essere una questione di gusti, ma si tratta di bands importanti. Da un punto di vista musicale possono forse suscitare dubbi, ma per quanto riguarda Manson in particolare, personalmente mi è piaciuto dall’inizio. Amo ciò che è dotato di personalità, delle quali la gente possa dire, ah avresti dovuto vedere. Non deve essere necessariamente qualcosa di duro, piuttosto, nella maggior parte dei casi, la cosa più interessante è anche quella di cattivo gusto. A Berlino esiste un’etichetta che si chiama Aggro Berlin. Beh, a me l’hip hop non piace, ciò premesso, quello che ho ascoltato lì, certe frasi sfacciate e sconclusionate di un tizio, assolutamente stupide… c’era però quel non so che… Ecco, mi piace questa direzione di fondo.

Zillo: I test dei Rammstein sono generalmente pervasi di sottile ironia, che ognuno può interpretare a sentimento. Ci sono però anche messaggi concreti da parte vostra?

Paul: Il metodo educativo più efficace è fare esperienza. Immaginate di andare in giro con un saggio. Ad un certo punto arriva qualcuno che dice al saggio che ha una bella catena. Un catena della quale si sa che lui porta da trent’anni. Soltanto attraverso l’azione, per cui il saggio regala al passante la sua catena, cambierà forse anche la sua vita. Qualora si fosse trattato soltanto di raccontare che si deve poter dare, non avrebbe funzionato. Dare il buon esempio, questo funziona. I nostri testi si limitano semplicemente ad essere, senza messaggi occulti. Ma ciascuno può trarne qualcosa di buono. Questa è la nostra idea.

Zillo: Un argomento recentemente salito alla ribalta delle cronache e che non possiamo evitare è stato il contrasto venutosi a creare tra voi e alcuni siti di vostri fans. Prima è stato chiuso il sito www.rammsteinfan.de – dietro querela portata avanti dal vostro management – poi ci sono stati problemi anche con il sito inglese www.rammimages.com. Come stanno le cose dal tuo punto di vista?

Paul: La band non ha avuto niente a che spartire con l‘azione condotta ai danni di www.rammsteinfan.de. Se ne è interamente occupato il nostro management. Non so se per il meglio o per il peggio. La questione relativa a www.rammimages.com l’ho saputa ieri dai giornalisti. La band non ha nulla a che fare con questa storia. Il nostro management c’è per proteggerci e fare i nostri interessi, e può darsi che talvolta reagisca con troppa durezza. Ma lo fa sempre con le migliori intenzioni, per lo meno nei nostri riguardi. Ad essere sincero, generalmente noi non ne sappiamo assolutamente niente. Quando vengo informato di certe cose, naturalmente cerco di capire che cosa è successo. Per quanto ho potuto verificare, di solito la ragione sta da entrambe le parti. Con www.rammsteinfan.de la vicenda ruota attorno ai Rammstein cattivi che hanno chiuso alcune pagine, ma quando ciò succede, significa che anche la controparte non è del tutto esente da colpe.

Zillo: Per concludere, diamo brevemente uno sguardo al futuro. Da tempo si vocifera di un progetto parallelo in casa Rammstein.

Paul: Sì, Richard sta lavorando a un disco solista: ha così tante idee che non può realizzare con noi… E poi gli piaceva l’idea di cantare. Ma è l‘unico che abbia in mente qualcosa del genere. Tranne Olli, che sta studiando chitarra flamenco. Gli altri non hanno occupazioni secondarie, ci bastano i Rammstein.

Zillo: Come sarà il futuro? Hai accennato che al momento non siete sotto contratto e che vi solletica l’idea di fondare una vostra etichetta. E’ una possibilità per voi?

Paul: Vedremo. Una propria etichetta significa anche parecchio lavoro. Io faccio parte di quel tipo di persone che in vacanza sul Baltico preferiscono affittare una bicicletta piuttosto che trascinarsi dietro tutto sul portapacchi. Quello lo devo agganciare, poi non passo dalla porta, e allora devo svitare tutto, quindi riavvitarlo, e via dicendo…Invece affittare la bicicletta è così tanto più semplice…Non desidero farmi carico degli impicci derivanti dall’avere una propria etichetta. Al momento la cosa migliore è che il nostro manager possa inveire contro la casa discografica, perché quando lui stesso è la casa discografica, allora sta dalla parte sbagliata. Cercheremo un nuovo contratto. Forse resteremo con la Universal. Personalmente, adesso mi concederò una piccola pausa e poi, con rinnovato slancio, faremo un bel disco. Duro come l’acciaio. Mi piacerebbe tornare a suonare qualcosa di più tosto, se poi succederà davvero, questo nessuno lo sa…


ROSENROT – Le prime impressioni
 

BENZIN

Dopo un inizio che diventa gradualmente sempre più intenso, un ampio muro di chitarre e le grida “hey hey” in background aprono il primo singolo dall’album, che si dimostra come un numero relativamente lineare. La strofa contenuta incrementa felicemente il pathos, prima che il chorus, in perfetto stile alternative rock, irrompa nelle orecchie dell’ascoltatore; dopo il secondo refrain segue una riuscita parte dai toni psicopatici. Immediatamente orecchiabile. Degno di nota anche il sound, ampio e potente. 

SPRING

L’inizio tranquillo introduce un Till Lindemann che, nei panni del narratore, racconta di essersi casualmente trovato a passare nei pressi di un ponte, dove una moltitudine di persone è raccolta ai piedi di un potenziale suicida. Il chorus, lento e cupo, è scandito dalle grida di esortazione, “Spring” [salta], che trapanano il cervello. Di qui in avanti la canzone diventa molto malinconica, con una musica triste a sottolinearne la tematica. Il  coro opprimente nell’outro dà il suo efficace contributo alla riuscita del pezzo. 

ROSENROT

E’ soprattutto il basso il protagonista in apertura del pezzo che dà il titolo all’album, il cui semplice drum-beat minimalista accentua il cantato in rima di Till Lindemann. La canzone cresce di intensità, lentamente ma con sicurezza, fino al refrain dove, infine, è la potenza delle chitarre elettriche a portarsi in primo piano. Anche qui abbiamo a che fare con uno dei pezzi più lenti e d’atmosfera, cui anche il breve lasciarsi andare dopo il secondo refrain non porta cambiamenti, dato che prima che l’ascoltatore arrivi a pensare che il pezzo decolli in una certa direzione, ci si trova nuovamente al cuore di un momento che addolcisce, conducendo all’ultimo chorus in un crescendo conclusivo. Di nuovo a rischio hit! 

ZERSTÖREN

Già l’intro imponente, con chitarre ruggenti dalla tonalità profonda e una voce femminile orientaleggiante, colpisce favorevolmente. L’ottimo cantato dal buon groove con accattivanti effetti sonori invoglia al movimento e la potenza del chorus non aiuta certo a trattenersi. “Ich muss zerstören…” [devo distruggere] canta la metà oscura del Sig. Lindemann; gli risponde la schizofrenica controparte con voce angelica: ”Doch es darf nicht mir gehören” [ma non mi deve appartenere]. Una dichiarazione che inquadra il problema esistenziale in modo laconico ma consapevole. Tutto sommato il pezzo più duro dell’album unisce un assolo che ricorda fatalmente i Rage against the Machine ad una conclusione caotica. Sicuramente un pezzo forte per le piste dei clubs. 

MANN GEGEN MANN

Suoni di campana, scratching su vinile e la voce di Till filtrata sono le caratteristiche dell’intro, prima che il pezzo decolli a tutti gli effetti con una parte di basso molto groove. Degni di nota soprattutto il chorus marziale, in cui innumerevoli voci maschili gridano “Mann gegen Mann”, risvegliando reminescenze Manowariane. Al contrario, il cantato è misurato, tanto che lo si potrebbe quasi considerare come polo di contrapposizione all’irruenza del resto della canzone,  che si chiude con il provocatorio grido “Schwule”. Un pezzo che alimenterà senz’altro controversie. 

FEUER UND WASSER

Gli inizi tranquilli sembrano fare parte delle buone maniere su “Rosenrot”, e anche Feuer und Wasser non fa eccezione in questo senso. Questa volta sono delicate chitarre acustiche ad accompagnare il Sig. Lindemann; sul secondo verso si inserisce un tenue drumloop. Il testo è spettacolare: l’Io lirico racconta, traboccante passione, di una donna che nuota  e dell’eccitazione sessuale che provoca. Dopo un lungo intervallo irrompono nuovamente sulla scena pesanti riff di chitarra che conferiscono al pezzo, estremamente cupo, la giusta pesantezza. Parti tranquille e parti dure si alternano come fuoco e acqua, con la differenza, tuttavia, che qui – al contrario di quanto narrato nel testo – gli elementi si fondono mirabilmente.

WO BIST DU

Un dolce intro di flauto è seguito dal caratteristico riff Rammstein, mentre nel cantato ritorna, dopo lungo tempo, bassi elettro-synth che ricordano il periodo di Sehnsucht. Molto bello questo cantato, caldo e sonoro, che mostra come Till Lindemann sia migliorato anche nei passaggi più delicati. Il refrain, dalla melodia più bella e ariosa dell’album, si armonizza mirabilmente con la musica d’atmosfera, malinconica e strappalacrime. Anche il coro in sottofondo accentua queste caratteristiche che fanno di “Wo bist du” quasi un inno. E ancora necessario sottolineare come anche qui l’ironia dei Rammstein non sia lontana? 

TE QUIERO PUTA

La più grossa sorpresa del disco entusiasma con il suo stile latino e un’allegria tutta spagnoleggiante. Il testo in spagnolo e le trombe fanno sembrare l’intera canzone come una canzonatura di Ricky Martin. Naturalmente non mancano anche qui muro di chitarre e ritmo potente e trascinante, con un sottofondo gioioso, tuttavia, che diverte.
Il piacere della sperimentazione della band sfocia qui in canali inattesi, e possiamo solo sperare che questa canzone, nel 2006, diventi l’hit dell’estate all’insegna di un po’ di cambiamento nell’uniformità pervasa di sole. 

EIN LIED

Ancora una volta si è avvolti nella sicurezza di un inizio tranquillo, di una dolcezza che stavolta non abbandona più per tutta la durata della canzone. Per chiudere in bellezza, i Rammstein ci accarezzano teneramente sul capo, senza buffetto finale. Il pezzo è riconciliante, e tutti coloro che aspettavano la conclusione infernale, sono consolati da questa pace inusuale. Anche il testo risulta privo di sarcasmo, cinismo o ironia. Oppure dobbiamo anche qui scavare più a fondo, come sembrerebbe suggerire il titolo stesso della canzone?