LA LETTERA
di Nicla Iacovino


"Avanti! Gridò con ira crescente Dukat, era già la quarta volta che veniva disturbato mentre cercava di leggere la lettera di suo figlio"…

Marwin, che era rimasto muto davanti alla porta, che non era un portale archiacuto con decorazioni in stucco e terracotta di una facciata esemplata su modelli bizantini giustinianei,  entrò.

L'interno, che non era del '600, rimaneggiato in uno stile neogotico con decorazioni ispirate al gusto medioevale arabizzante, e che non conservava mosaici e balaustrate del XIV sec, era un soggiorno come tanti, ove campeggiava in bella vista un ritratto di Dukat stesso.

Dukat vide Marwin e non poté celare l'impazienza:

"Marwin, sto leggendo la lettera di mio figlio, non interrompermi."

Marwin puntò lo sguardo sul pavimento, che non era arabescato in sagome ottagonali dipinte a mano con trittico centrale e istoriato lungo le fasce laterali.

"Hai capito Marwin" - ripeté  Dukat. Fammi leggere la lettera di mio figlio.

Marwin staccò finalmente lo sguardo dal pavimento e non lo posò su una scala scenografica classicheggiante, con triplice loggia ad arcate e colonnato romantico, ma sul  tre piedi dove Dukat aveva poggiato un martello e un chiodo per appendere lo stereogramma del Sacro Cristallo della Profezia.

"Si dice proprio stereogramma?" esclamò Marwin.

"Sì, ma ora lasciami leggere prima la lettera di mio figlio".

"Ma tu lo vedi lo stereogramma del Sacro Cristallo della Profezia in mezzo a tutti quei puntini?

"Sì, ma ti ho detto che devo leggere la lettera di mio figlio, ora, e che diamine! Te lo sto chiedendo per favore!"

"Ma io volevo solo dirti…"

"Non puoi, ora"

"Un attimo, per cortesia"

"No davvero"

"Lascia che ti dica"

"Lo dirai dopo"

" Devi darmi ascolto.."

"No, ti prego"

"Devi ascoltarmi, accidenti!"

"Ti ho detto no, e basta, come te lo devo dire, devo urlare?"

"Ma tu non mi lasci parlare…"

"Devo leggere la lettera di mio figlio"

"La lettera che hai in mano, non è la lettera di tuo figlio. La lettera di tuo figlio è questa!" Marwin tese il braccio mostrando a Dukat il foglio che aveva in mano, che non era un incunabolo del XV sec. firmato da Flavio Gioia, stampato su carta d'Amalfi con cornici in stile fiorentino, ma un A4 scritto in Times New Roman, punti 12, predefinito che così iniziava: "Caro papà, sono io, tuo figlio.."