Intervista di RockFeeder
Traduzione di Forla & Jadax
Ci sono certe parole alle quali gli amanti della musica tendono ad avvicinarsi
con cautela: "batteria e assolo" sono due di loro, una contiguità che spesso
finisce in lacrime; "solo e album" sono altre due...
In realtà sono stato un po' troppo duro. Non c'è nulla di sbagliato con i solo
album di per sé; dove può andar male, comunque, è quando l'artista decide di
fare qualcosa di completamente estraneo al suo personaggio - per mostrare un
lato della sua personalità che è rimasto a lungo incatenato in soffitta; flauti
da naso (strumento tipico polinesiano, ndt), campane a mano, canti gregoriani,
ecc... digressioni malate che sicuramente romperebbero le palle anche al più
entusiasta dei fan.
Fortunatamente l'album di debutto degli Emigrate - un progetto creato dal
chitarrista/autore Richard Kruspe, membro del più importante gruppo hard
rock tedesco, Rammstein - è improbabile che causi costernazione. Pronto
per uscire nel tardo agosto/primi di settembre 07, questo 11 track album
autointitolato non è né un "solo album" nel senso stretto della parola né un
allontanamento musicale di grosse proporzioni. `Wake Up', `Resolution',
`My World' (ufficialmente confermata come singolo e video), avranno
perfettamente senso per quelli che hanno sperimentato il calore del gruppo madre
sul palco o investito in uno dei loro album/dvd (la vendita combinata dei quali
è a 12 milioni di copie nel mondo).
In più tutte le canzoni sono state co-prodotte da Jacob Hellner e mixate
da Stefan Glaumann, il duo svedese che ha prestato i rispettivi talenti
al catalogo dei Rammstein.
Come per stabilire un ulteriore collegamento col passato, la loro presenza qui
deriva dal desiderio di Richard di perseguire la grande avventura degli Emigrate
supportato da un team conosciuto e fidato: importante quando i tuoi compiti
comprendono il song-wrinting, il lavoro in studio (le responsabilità della
produzione finale) e cantare le parti soliste (per la prima volta), così come
provare con gli altri musicisti coinvolti...
Ovviamente, Richard - che rimane fermamente radicato nella line-up dei Rammstein
- avrebbe potuto occuparsi della maggior parte - o forse di tutto - il lato
musicale, ma allora l'album sarebbe suonato molto differente; più un uscita da
solista che il lavoro introduttivo di un nuovo gruppo. Che è composto da: Arnaud
Giraux (basso), Henka Johansson (batteria), Sascha Moser (Logic program editor)
e Olsen Involtini (chitarra & vocal producer). Musicisti dalle idee simili ma di
paesi differenti, che hanno aiutato a fare degli Emigrate la cosa viva che è
oggi. Senza dubbio, sia Involtini che Giraux riceveranno i credits per la
co-produzione, e Richard sarà pronto a lodare quest'ultimo per il suo lavoro nel
registrare le voci, che sono tutte in inglese; questa magari non sarà una
situazione da "ogni cittadino un voto"[è un modo di dire "politico" che allude
al democratico suffragio universale; NdT], con Richard che dice quali sono i
punti creativi ed ha perfino fondato il progetto nei suoi primissimi giorni
("Non sono molto bravo con la democrazia"), ma l'album "Emigrate" ora rimane
qualcosa di speciale - un lavoro pieno di emozione che è sia concentrato
sull'esecuzione ma anche di facile apprezzamento. Del tipo che i membri di band
dal successo globale non sono generalmente inclini a fare...
“Bè, probabilmente è perchè io odio gli album da solista!" ride Richard, a cui -
dibattito democratico a parte - piace l'energia positiva del lavorare in un
gruppo. "E comunque, per me è di più che un album da solista. E' un nuovo
inizio..."
Durante la masterizzazione dei pezzi, con Howie Weinberg al Masterdisk di New
York, Richard è stato (piacevolmente) sorpreso di quanto suonasse accessibile
tutto quanto, e non c'è dubbio che canzoni come ‘Temptation’ e ‘New York City’,
il secondo singolo/video, producano un vigoroso colpo commerciale. Ma nascosto
sotto la superficie c'è un disco complessivamente più cupo, del tipo che ti
aspetteresti da qualcuno con un grande rispetto per il lavoro di Trent Reznor di
NIN o del chitarrista dei Led Zeppelin Jimmy Page; qualcuno spinto a creare
giorno per giorno, quasi come se volesse tenere a bada i suoi demoni personali.
"Ad un certo punto, mi sono chiesto: 'il mondo ha davvero bisogno del mio
disco?'" Ma la risposta a questa domanda è presto risultata ovvia: Richard ne
aveva bisogno, ne ha bisogno, questo album è per la sua salute. "DOVEVO farlo, è
semplice!"
I fans dei Rammstein saranno consapevoli che il periodo che ha seguito l'album "Mutter"
(2001) è stato difficile per il gruppo. Richard Kruspe, una personalità che si
infiamma velocemente e che usa la musica come forza guida, appariva essere fuori
tempo con il ritmo dei Rammstein, e la risultante tensione stava per strappare
il gruppo fino all'orlo. Chiaramente serviva un qualche cambiamento, e il
chitarrista è stato veloce a cogliere il momento, mettendo sottosopra la sua
tranquilla vita a Berlino. "Ho lasciato la mia comoda situazione e ho
ricominciato da zero a New York. Quando sono arrivato non conoscevo nessuno, le
uniche persone con cui potevo uscire erano gli amici di mia moglie, ero
abbastanza solo".
"Guardando indietro, comunque, è stato un passo importante per me. Se non mi
fossi trasferito a New York, non ci sarebbe stato nessun Emigrate; la città ha
una grande parte nel progetto..." In quei giorni Richard divide il suo tempo tra
Berlino est e l'area di Soho a Manhattan, ma è quest'ultima di cui sente
maggiormente il richiamo. Era andato là per la prima volta coi Rammstein nel 97
e subito era stato risucchiato dal brusio ("Era come un trip di LSD!") , dal
senso che tutto fosse possibile. "Ti meravigli di quante culture differenti
possano vivere insieme in pace,e la risposta è così semplice; perchè là c'è solo
una religione - il denaro. Penso che da un lato sia una cosa triste, ma
dall'altro dà alla città l'incredibile senso di uno scopo. Ti ritrovi ad
affrontare sfide ogni giorno."
Incoraggiato da questa vibrazione naturale, Richard - un songwriter con una
mezza dozzina di idee sempre a portata di mano - progettò di mettere insieme un
progetto per assorbire tutta l'energia che sentiva di non poter incanalare con i
Rammstein.
Optò per una line-up (cosmopolita) specifica per il suo intento...
La recluta numero uno è stato il francese Arnaud Giraux, bassista assieme al
cantante parigino Axel Bauer, seguito dal tedesco Sascha Moser, una volta
batterista dei Gimmick, la formazione di Berlino Est di cui Richard faceva parte
prima di intraprendere la strada dei Rammstein. Olsen Involtini – un altro
tedesco, si è poi unito al gruppo – e ha anche lavorato coi ragazzi sia per i
remix sia per gli arrangiamenti delle chitarre; essendo amici di vecchia data,
Richard era sicuro che entrambi si sarebbero integrati, per cui mancava solo da
"riempire" il posto del batterista. Il posto è stato preso da Henka Johansson –
un musicista di Stoccolma che aveva suonato spesso assieme ai Rammstein, tenendo
il tempo per gli scandinavi rap-metallari Clawfinger. Poichè nessuno di questi
aveva mai suonato assieme prima, non c'era modo di sapere se ci sarebbe stata la
giusta alchimia, ma fortunatamente è stato provato che non c'è stato alcun
problema ("Una volta che sono iniziate le prove, è stato come se suonassimo
insieme da 20 anni").
Passo successivo, lo studio adatto...
DENMARK’S PUK STUDIOS. Per essere precisi, uno studio molto in voga che ha
ospitato artisti come Elton John, Depeche Mode & Judas Priest. Qui sono state
incise le tracce di batteria, con Hellen a bordo per incoraggiare e consigliare,
poi si è passati allo ‘Studio Kruspe’ a Berlino dove era in corso una specie di
ricerca del Santo Graal per la chitarra perfetta... Nei Rammstein, la chitarra
agiva spesso come "seconda voce nella canzone", ma con gli Emigrate, è più un
suonare assieme alla canzone, per ciò era importante che i suoni riflettessero
questo fatto. Infine, dopo la scelta del miglior posizionamento degli ampli, era
il momento di passare all'altro studio di Richard, quello di New York. Niente
più distrazioni da quel momento in poi, solo una corsa pulita verso "Le Voci".
Hai sempre avuto intenzione di cantare in inglese?
"Sì assolutamente! Essendo di base a New York, era ovvio che usassi la lingua
inglese - voglio dire, penso persino in inglese quando sono lì. Il tedesco è una
lingua veramente profonda, una lingua piena zeppa di dettagli, e a volte non è
semplicemente adatta a certe cose..." Ad un certo punto, Richard aveva
considerato l'idea di usare dei guest vocalist nell'album. Comunque, una volta
che il progetto ha preso piede, è stato chiaro che se le canzoni volevano essere
davvero convincenti, dovevano essere "fronteggiate" dall'autore stesso - un
autore che non aveva mai cantato in nessun'altra formazione precedente e i cui
demo per i Rammstein erano stati generalmente strumentali! Allora, com’è stato?
"E' stato difficile , molto difficile! E ho rimpianto i tempi delle produzioni
con i Rammstein in cui io chiedevo a Till. Come cantanti, si è incredibilmente
vulnerabili, sempre a cercare di afferrare il momento e il giusto mood."
"Ciò di cui mi sono reso conto, comunque, è che il tutto è principalmente una
questione di atteggiamento. Non c'entra avere una voce stupenda oppure no, è
questione di 'o hai qualcosa da dire oppure tieni la bocca chiusa!!’”